Settembre 2019 | Intermezzo

Intervista a Sarah Jane Morris



Sarah Jane Morris torna in Sardegna a Cagliari e Alghero. In tour che la porterà in giro anche nel resto della penisola, la cantante britannica, la grintosa rossa dalla voce roca, festeggia i suoi sessant’anni con un disco nuovo a tre anni di distanza da “Compared to What” in duo con Antonio Forcione alla chitarra.

Il 2019 è l’anno di “Sweet Little Mystery” dall’omonima canzone del compianto John Martyn, autore e compositore, anima ribelle e grande interprete folk blues.

La cantante di Southampton, insieme al chitarrista Tony Remy, ha omaggiato il cantante scozzese con un tributo ai brani più celebri e amati.

D: Proprio dieci anni fa John Martyn ci ha lasciati e hai voluto rendere omaggio ad una delle voci che più innovative e che più ci mancano nel mondo del blues. C’è una ragione particolare?

R: Attraverso le mie canzoni racconto una storia. L’ho fatto per anni e avevo bisogno di una pausa dalla scrittura, ma volevo continuare a fare concerti, così ho deciso di esplorare il corpus musicale di qualcun altro e ho scelto John Martyn, perché la sua musica è stata sullo sfondo di tutta la mia vita.

Ho scoperto John Martyn quando avevo 14 anni e lui 24 e stava cantando in “The Old Grey Whistle Test”, uno dei nostri migliori programmi musicali in televisione. Quest’anno ho compiuto 60 anni, che proprio l’età in cui morì John, per cui mi è sembrato opportuno celebrarlo ora. L’ho incontrato una volta, ma abbiamo condiviso molti musicisti nel corso degli anni. Ho riarrangiato una sua canzone “I Don’t Wanna Know” nel mio album Fallen Angel nel 1997 e ho cantato questa canzone come bis per 22 anni. Lo canto come una canzone di pace in tempo di guerra.

D: Qual è lo stato d’animo che ha permeato il lavoro e quali volevi che fossero gli obiettivi del progetto?

R: volevo celebrare le splendide canzoni di John e farlo conoscere ad un pubblico nuovo. Come me, John è sempre stato un outsider, non appartiene e non rientra in nessun genere definito. Entrambi mescoliamo folk, jazz, blues, rock e soul. Lui ha una voce baritonale e anche la mia ha un timbro molto basso, in questo modo non ho dovuto nemmeno cambiare tonalità per nessuna canzone. Ho scelto di intraprendere questo progetto con il mio braccio destro, Tony Rémy, che come John è un chitarrista creativo e innovativo.

D: Quali sono state le difficoltà di realizzazione di questo lavoro e com’è andata la collaborazione con gli altri musicisti: Tim Cansfield, Martyn Barker e Henry Thomas?

R: Ho scritto e fatto musica con Tony, Henry, Martyn e Tim per tanti anni. Siamo praticamente una famiglia. Io e Tony abbiamo lavorato agli arrangiamenti di voce e chitarra e abbiamo fatto un giorno di prove con gli altri. Dopo di che, siamo andati in studio e abbiamo registrato l’album “live”. In seguito, Jason Rebello ha messo piano e tastiere, così come la mia amica di “The Communards”, Sally Herbert, che ha messo insieme un quartetto d’archi. Una volta che io e Tony abbiamo fatto una selezione di brani che sentivamo di poter fare nostri, eravamo già sulla buona strada.

Trovo le canzoni di Johns molto naturali da cantare e sento di poter aggiungere qualcosa di mio nell’interpretazione delle sue parole.

D: Oltre alla tua voce, ci sono altre di nomi noti: Tony Momrelle, Gina Foster, Tessa Niles e Joe Cang che hanno cantato come backing vocals. Pensi di lavorare con loro in altri progetti? In duo o altro?

R: Ho arrangiato le voci di accompagnamento e le ho eseguite con Tessa e Gina, entrambe grandi amiche e cantanti affermate. Tony Momrelle e Joe Cang sono buoni amici con cui ho collaborato in passato e hanno aggiunto alcune voci al coro di “I don’t wanna know”. Con Joe ho sempre collaborato e occasionalmente sono ospite di Tony (Momrelle) e la sua band. Sono tutti grandissimi artisti.

D: Come hanno accolto, la critica e i fan, quest’album?

R: abbiamo avuto ottime recensioni e una grande accoglienza da parte dei fan. Inoltre, la famiglia di John Martyn e i suoi amici sono stati molto contenti del lavoro e questa è la più grande delle soddisfazioni.

D: Passando ad altro, hai un rapporto di lunga data con l’Italia. Com’è iniziato?

R: Mi sono trasferita in Italia nel 1980, subito dopo aver terminato la scuola di arte drammatica, per unirmi ad una blues band fiorentina. Mi sono innamorata di questo Paese e ci sono ritornata in tour con “The Communards” nel 1989, dopo uno dei nostri successi che aveva raggiunto il primo posto nelle classifiche. Sono tornata nuovamente, sempre quell’anno, come supporter dei “Simply Red” per promuovere il mio primo album da solista.

Quel lavoro in particolare è stato incredibilmente ben accolto e avevo già il pubblico e la stampa che ne scrivevano come di un doppio spettacolo, per cui non ero più considerata solo un’artista da apertura.

“Me and Mrs Jones” il mio primo singolo da solista è stato un successo e mi ha aiutato ad affermarmi. Nel 2001 ho scritto il testo inglese di una canzone con Riccardo Cocciante per Sanremo e abbiamo vinto. Questa è stata la ciliegina sulla torta e mi ha aperto altre porte, contribuendo alla mia fama in Italia.

Amo questo paese e i suoi abitanti, sento che mi è stato dimostrato tanto amore dall’Italia nel corso degli anni. Per me è una seconda casa.

D: E sul tuo rapporto con la Sardegna?

R: Trovo sia una delle più belle isole del pianeta e amo tornare qui. Molti arrivano per questo mare straordinario, le spiagge, il vino. So quanto sono fortunata a tornarci e questa è infatti la quarta volta per me in Sardegna

D: Cosa ti aspetti dal pubblico cagliaritano?

R: Amore, accettazione, una predisposizione verso l’ascolto critico e attento, ma so che la troverò. È un cerchio: trasmetto amore e rispetto e questo torna indietro dal mio pubblico.

Come dicevo prima, so bene quanto sono fortunata.

Praga, applausi per ‘Boches a beatbox’: canto a tenore ed elettronica si fondono



Praga, applausi per ‘Boches a beatbox’: canto a tenore ed elettronica si fondono

Si è conclusa tra gli applausi la prima tappa di ‘Boches a Beatbox’, un progetto che unisce il tradizionale canto a tenore con le forme musicali innovative e sperimentali che hanno tra i loro ambasciatori  l’armonicista Moses Concas e i Tenore San Gavino di Oniferi.L’apertura del progetto si è svolta tra il 26 e il 28 agosto a Praga, città della musica e della letteratura, storico riferimento culturale per intellettuali e che oggi vive una riscoperta dell’arte e della musica contemporanea anche grazie alla presenza di numerosi artisti di strada che popolano i vicoli e le piazze. ‘Boches a Beatbox’ nasce per volontà dell’associazione culturale nuorese L’Intermezzo, nell’ambito del bando Por-Fesr ‘IdentityLab 2’, con lo scopo di internazionalizzare la cultura sarda attraverso l’esportazione di iniziative che siano occasione di scambio culturale ed economico tra la Sardegna e altri Paesi. Oltre alla capitale della Repubblica Ceca, sono previste altre due mete tra ottobre 2019 e aprile 2020 Yangon (Myanmar) e New York (Stati Uniti). Tra i partner del progetto la cantina di Dorgali, la cooperativa pastori di Dorgali, Sardegna Travel di Antonio Costantino, la Camera di commercio di Praga, l’Istituto italiano di cultura, l’Ambasciata italiana di Yangon, l’Unione dei Comuni di Barbagia, Beyond Thirty Nine di Ciraco Offeddu, Sardinia Post e altri. La mescolanza di due stili musicali diversi, arcaico e contemporaneo, ha rappresentato un’esplorazione delle potenzialità del canto antico con i ritmi hip-hop della beatbox alternato al bending dell’armonica a bocca. Il primo incontro si è tenuto al Jazz Dock di Praga, locale dedicato all’omonimo genere e situato in una caratteristica banchina, affacciata sul fiume Moldava, dove ogni giorno transitano battelli consentono a visitatori e residenti di muoversi lungo i corsi d’acqua e ammirare le meravigliose architetture della città. Oltre due ore di musica, introdotte dalla presentazione bilingue (ceco e italiano) del progetto e del canto a tenore, spiegato da uno dei componenti del gruppo, Carmelo Pirisi.  “I testi utilizzati nel canto a tenore rappresentano le vicende e la vita delle comunità agropastorali dell’interno. Questo canto ha una storia millenaria e abbiamo testimonianza nuragiche che portano a credere venissero associati da uno dei nostri strumenti più conosciuti e primitivi, le launeddas – commenta Pirisi – l’importanza di questa musica è stata messa in evidenza anche dall’Unesco che dal 2005 riconosce il canto a tenore patrimonio intangibile dell’umanità. Abbiamo una voce solista – che detta i tempi – e un coro di tre voci che, unite, tendono a formare un suono armonico unico nel suo genere. Ci sono due tipi di ritmiche ‘a sa seria’ più lineare che trae spunto dalla tradizione orale sarda, e ‘a ballo’ che prevede anche l’accompagnamento della danza”. Con un pubblico già elettrizzato, è Moses Concas a cavalcare gli entusiasmi e proseguire con una performance stupefacente. Con un’eccezionale padronanza del suo strumento, utilizzato anche come base – grazie all’ausilio di una loop station- per produrre brani complessi e di grande effetto, il musicista quartese ha confermato ancora una volta la sua attitudine e passione per l’intrattenimento più autentico, quello di strada. Per la seconda serata, il gruppo a Tenore è intervenuto alla Camera di commercio e dell’industria italo-ceca dopo una conferenza organizzata dai rappresentanti locali. Tra i relatori, lo stesso Giovanni Pirisi, sa contra dei tenore San Gavino di Oniferi, che ha voluto evidenziare l’importanza dell’esportazione della cultura isolana come elemento di congiunzione tra varie nazioni. Un fattore determinante per un turismo sostenibile, una modalità che permette ai visitatori di conoscere le tradizioni ed esperire una forma di viaggio senza adagiarsi su luoghi comuni ad uso e consumo di un immaginario della Sardegna troppo spesso ancorato al paesaggio e al turismo balneare. L’occasione ha dato modo ai partecipanti di trattenersi per un aperitivo con protagonisti i vini, formaggi e salumi dorgalesi. L’ultima giornata ha condotto gli artisti all’Istituto Italiano di Cultura di Praga. All’interno della meravigliosa cappella barocca, la direttrice Alberta Lai, appena nominata, si è dichiarata felice e orgogliosa di iniziare questo mandato proprio con un evento di enorme valore che rappresentasse a pieno la sua terra.

fonte: sardinia post